Vinicio Coppola

Letizia Caiazzo, fervida assertrice del post-moderno

Dà uno scossone alla tradizione per dar lustro alla pittura digitale.

Sulle orme di Picasso abbraccia un “periodo blu” e trasforma quello “rosa” in un incendiario “rosso fuoco”, conquistando un folto parterre di “fans”.
  
Innovatore, poliedrico e geniale, Picasso riuscì ad esprimere la grandiosità accattivante della sua Arte attraverso due periodi, cosiddetti blu e rosa, che sfociarono nelle famose “Demoiselles d’Avignon”, in “Guernica” e in altri capolavori, sancendo la fama mondiale del “ribelle” di Malaga che metteva spudoratamente alla berlina qualsiasi norma anatomica. 

 Al trasgressivo Pablo Picasso ha guardato sempre con simpatia e ammirazione una giovane pittrice partenopea di nome Letizia Caiazzo, originaria della provincia di Salerno. La quale, ad un certo punto del suo iter professionale, non ha esitato a dare uno scossone alla tradizione e agli insegnamenti dei maestri del colore per dar vita ai suoi empiti rivoluzionari che l’hanno portata ben presto, come il mitico Ulisse, a varcare le colonne di Ercole per sfidare “vis-à-vis” l’ignoto. 

 E così ha intrapreso un percorso inedito, più o meno, come quello della Transavanguardia, osannata dal critico d’arte Bonito Oliva, cogliendo subito la palla al balzo per restituire al pennello e ai colori il giusto ruolo nell’ambito della pittura contemporanea. In che modo? Gettandosi anima e corpo nelle braccia del digitale, dando vita, come il nume andaluso, a due periodi esistenziali: il periodo blu e l’altro – non “rosa”, di certo non in linea con le “Demoiselle d’Avignon” - ma rosso. Un rosso incandescente che ha ridotto rapidamente in cenere ogni residuo del passato per vivere in totale libertà, “en plein air”, il percorso del digitale. 

 Ne abbiamo un’ampia e convincente riprova nelle sue molteplici e ardite “performance” dai nomi singolari e seducenti, quali “Abissi infuocati”, “Fluido”, “Essenza”, “La amiche”, “Tangueros dalle acrobatiche evoluzioni in blu”. I quali, ovviamente, hanno disorientato certi ambienti borghesi, ligi ai dettami canonici, facendoli gridare persino allo scandalo. Ciononostante, gli affondi di Letizia, grazie alla loro dirompente carica, sono riusciti a conquistare un folto “parterre” di ammiratori, decretando il successo incondizionato sia del periodo blu che del successivo “rosso fuoco”.

E, attraverso le fiamme ardenti di un antico camino, restiamo anche noi affascinati dall’intraprendenza dell’artista salernitana. Che ha saputo dare dignità di arte ad un rampollo – ribelle sì, ma talentuoso – aprendo le porte alla “pittura del futuro” in virtù di nuove tecnologie che non penalizzano affatto la creatività del dipintore.

Vinicio Coppola
2019


Con Letizia Caiazzo, nei meandri “digital” delle cromie proustiane


Contraria ad ogni tipo di costrizione, a qualsiasi bavaglio che potesse limitare il suo irrefrenabile anelito alla piena libertà, Letizia Caiazzo ha tenuto sempre presente la massima di Coleridge: “Il mezzo che permette agli spiriti di comprendersi non è l’aria in cui sono immersi, ma la libertà che hanno in comune”.

In linea con tale assunto ha trovato nella pittura – più esattamente nella “digital Art” - il modo a lei più congeniale per dar voce alle irrefrenabili “voci di dentro” di proustiana memoria. E lo ha fatto senza esitazione alcuna, quando si è decisa finalmente a passare, con ardimento e coraggio, il Rubicone.

Certo, la via non era per niente facile. Ma lei non si è data per vinta. E cerca e ricerca, dirigendo il timone nel variegato universo informatico, è stata in grado di fare incetta di colori vaganti, di cromie in libertà. E dalla loro accurata selezione, è riuscita a sortire accattivanti “performances”. Ossia irresistibili “nuances” del mondo proustiano che sembravano irrimediabilmente perdute.

Ne sono un’esauriente riprova le sue opere più recenti, quali “Abissi aerei”, “Alla deriva”, “Abbandono”. Compresi alcuni affondi lirici, come la poesia Nel mare: “Nel mare mi perdo/ pezzetti della mia memoria/ disperdo./ Nel mare rivivo/ pezzetti di arcobaleno/ ritrovo”.

Insomma, la nostra effervescente e dinamica Letizia non è solo un’apprezzata digital pittrice, ma si rivela anche un’eccelsa poetessa in grado di poter assurgere a temibile concorrente di Saffo.

Vinicio Coppola 
 23 giugno 2017


Tra i 50  artisti spunta Letizia, musa della digital art

Tra i 50 artisti in passerella a Sorrento nella suggestiva cornice di Villa Fiorentino molti, ad onor del vero, appartengono all'altra metà del cielo. E nell'ambito di queste accattivanti presenze al femminile si distingue lei,  Letizia Caiazzo, per la sua particolare tavolozza che la porta a ritagliarsi un provvidenziale posto al sole grazie alle...diavolerie dell'era tecnologica. 

Sì, perchè Letizia si avvale della "Digital Art" per dare la stura al suo estro creativo che, colori a parte, fa perno su un segno vivo e guizzante, deciso e rapido, scevro da ogni ripensamento. Insomma,  la coraggiosa artista sposa in pieno le indicazioni di Keith Haring il quale, in un'intervista rilasciata nel 1984 a "Flash Magazine", sosteneva di faticare a credere che ci fossero ancora artisti intenti a dipingere come se non sapessero dell'esistenza del computer o della videocamera. E che esistano davvero ne abbiamo una riprova proprio nella mostra in corso a Villa Fiorentino dal titolo "Artisti Mitteleuropei 2010" dove possiamo gustare, in tutte le sue declinazioni, i diversi linguaggi espressivi dalla logica computeristica. 

E, per spianarci la strada da ogni possibile ostacolo interpretativo, Letizia ci porge il suo filo d'Arianna, un filo che non si avvale più, e non solo, del tradizionale pennello di setola, ma di un pennello elettronico che spazia  in ambiti decisamente meno angusti, dove la fantasia, obliosa dell'ora che passa, vive l'incanto della pura creatività.  Con le sue opere, insomma, Letizia ci ricorda che l'Arte non ha confini.  E che per esplicitarla in pieno, al di là degli strumenti adoperati, deve sempre prendere le mosse dalle voci di dentro di edoardiana memoria. Voci che albergano nel nostro io e che hanno bisogno di una mediazione, quella appunto di Letizia, che riesce a coniugare l'eleganza della forma con elementi attinti dalla realtà fenomenica, mai disgiunti da una riflessione esistenziale. 

Ed ecco "Enigma", opera esposta quest'anno alla "Biennale di Roma", tutta incentrata su un volto di donna che esprime le ambiguità del vivere quotidiano; un volto misterioso dai risvolti esoterici, dove ad un occhio normale fa da contrappunto uno in disfacimento , fuori dalla norma, per immergersi con forza luciferina nei meandri dell'inconscio. Sulla stessa scia si muove anche "Inquietudine" che punta le sue "chances" su un indomito destriero bianco che si staglia in uno sfondo marino, quasi un invito ad abbandonare la retta via per cavalcare le blande lusinghe della trasgressione, fino a perdere il ben dell'intelletto.

Da "Quotidiano di Bari, sezione cultura e spettacolo"
5 marzo 2010
Vinicio Coppola


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