Il viaggio

Il viaggio 
50 x 35 cm

Ideare un messaggio indirizzato ad un gruppo di persone e pensare che esso possa servire ad una causa è concetto assai facile. Tuttavia è noto che la realizzazione di un certo messaggio è il prodotto di una serie di elaborazioni mentali tali da superare ostacoli sia oggettivi che soggettivi. In primo luogo, il “perché” di un messaggio e il “perché” veicolarlo attraverso un’immagine; successivamente l’inconscio crea un’opera compiuta tale da rendere a quel contenuto un significato globale e, quindi, inteso da tutti i destinatari, al di là di quelli immaginati dallo stesso artista.

La rappresentazione comprende una serie di insiemi che creano un paesaggio omogeneo, a volte impreciso come lo è, del resto, il Futuro di ognuno di noi. In un paesaggio caratterizzato da montagne che formano una silhouette o uno skyline che divide in due il tema: al di là l’orizzonte con un sole indefinito che promana raggi su tutta la tavolozza, attraversando anche i personaggi in primo piano. Oltre, si intravedono due ragazzini che, armati di zaino, attendono senza camminare contemplando il tutto ma restandone anche al di fuori, come personaggi inconsci e incerti di un presente di cui essi non conoscono neanche consistenza e peso.

I colori offuscano l’insieme e sembrano dare maggiore ridondanza alle tonalità rosa-rosso-viola, colori che, appartenendo alle onde corte dello spettro della luce, indicano un’idea dell’incidenza maggiore del tramonto rispetto all’alba. Tale idea fa supporre che la luce indichi il futuro dei ragazzi che osservano, per niente impauriti, un orizzonte incerto ma sereno. È l’unione tra Dio e Umanità, rappresentata dallo stesso orizzonte che deve essere raggiunto come uno “scopo”.

Ne “Il Viaggio” l’arte digitale di Letizia Caiazzo proietta un’elaborazione dei segni del tutto semplice ma, allo stesso tempo, complessa. Mentre il messaggio appare indirizzato a persone comuni, in realtà la raffigurazione dei due ragazzini tratteggia la comunanza di interessi e intenti da parte degli adolescenti: anch’essi, non sono diversi da quelli normali e il “viaggio” che essi intraprendono è il medesimo che ogni comune ragazzino si accinge a fare nella propria vita, come già ben intuì Galileo Galilei, secondo il quale «chi bene andrà commensurando tutte le diversità, troverà il tutto rispondente». Questo aspetto “psicodrammatico” conduce al concetto della “caduta” della nostra anima, uguale a tutte le altre anime sulla Terra. Così come è uguale, essa stessa fa parte del Viaggio, sulla Via di un’integrazione nella Gerusalemme Celeste e nel mondo attuale. La dualità, rappresentata dall’orizzonte disteso a metà perfetta del quadro, la divisione fra corpi finiti dei personaggi posti al primo piano e il mondo oltre la linea di confine sono l’Energia divina che trasforma la sua frequenza diventando Luce-Pensiero e Materia-Forma. 

Si tratta di un tutt’uno del percorso che possiede una consistenza fisica verso l’elaborazione di entità mentali di libertà di azione, di movimento, seppur qui inteso come “statico”. L’equilibrio, infatti, è solo apparente nei personaggi rappresentati dalla Caiazzo; quello posto a sinistra è costretto a piegarsi in avanti e quello situato a destra si piega indietro. Mentre ciò può essere causato dalla presenza degli zaini alle spalle è il loro “Sé” prigioniero delle abitudini del corpo.

Non appena, però, la mente prende la sua forma, diventa anche cosciente del proprio “Io”, da cui non trova alcuna soluzione di continuità con il concetto di “separatività” con gli altri.

Letizia Caiazzo spiega la coscienza inferiore del corpo ma trova sublimazione nell’Anima come emanazione dell’Uno spirituale. L’artista qui vive in un mondo “irreale” e “perduto” di ombre (le montagne, ovvero lo “scoglio della Vita”), separate e sconosciute, dove nasce irrimediabilmente il Male oscuro dell’incomprensione fra le persone. Ma l’essere cosciente del proprio corpo non dimentica la coscienza del “sé Uomo”: le anime tutte sono “Sorelle” e fanno parte di un destino comune che non vede contrapposizioni di potere o di volere dei sé personali.

Chi osserva quest’opera può scrutare la differenza tra diversi e uguali. Essa non esiste, perché è come affermare che vincitori e vinti sono la stessa cosa; dipende, quindi, solo da punti di vista differenti. Ciò che è il Mondo, fatto di differenze e di disuguaglianze, qui appare indefinito agli occhi dei ragazzi perché essi non conoscono conflitti né dolori veri. Il candore, la serenità d’animo che traspare nei personaggi è tipico dell’attesa prima della partenza. È la meditazione che precede l’azione, è il viaggio dopo una decisione, dopo un pensiero creato ed elaborato.

La diversità fra questa dimensione del mondo e quella oltre l’orizzonte che trova nei raggi solari o cosmici la loro essenza sono dolore e afflizione di una diversità tutta terrestre che una qualsiasi divinità non concepisce. Dio stesso ci ha creati uguali e la materia, non staccata dalla propria anima, è una e sola, incorrotta. Si tratta di quel ponte fra Cielo e Terra che lascia definitivamente il Caos. Ciò che noi chiamiamo “errore” o “sbaglio della natura”, quindi, è cosa inesistente in quanto ogni essere umano fa parte della Natura stessa.

Il “Viaggio” è “l’attimo prima della partenza”, il grande balzo che ci rende liberi e, allo stesso tempo, attua la Grande Opera della Vita di cui ogni essere umano prende coscienza. E se i colori offuscati delle basse frequenze sono “reintegrazione della materia”, così il mondo si apre a noi come una strada che si dispiega al Mondo.


Pierfrancesco Rescio
Professore di Topografia antica (Storia e Urbanistica degli Insediamenti  Tardoantichi e Medievali)
Università degli Studi “Suor Orsola Benincasa” di Napoli


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